05 Giu La revisione delle concessioni degli impianti sportivi pubblici per Covid 19
Dedichiamo un breve focus all’articolo 216, c. 2, del Decreto Rilancio, che si occupa della revisione delle concessioni degli impianti sportivi pubblici colpiti dalla sospensione delle attività nel corso della pandemia Covid-19.
Un tema che riguarda anche piccoli Comuni, oltre che numerosi operatori, tra cui associazioni sportive dilettantistiche e non.
La norma – art. 216, c. 2, DL 34/2020
“In ragione della sospensione delle attività sportive, disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, le parti dei rapporti di concessione, comunque denominati, di impianti sportivi pubblici possono concordare tra loro, ove il concessionario ne faccia richiesta, la revisione dei rapporti in scadenza entro il 31 luglio 2023, mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite, anche attraverso la proroga della durata del rapporto, in modo da favorire il graduale recupero dei proventi non incassati e l’ammortamento degli investimenti effettuati o programmati.
La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all’operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto di concessione.
In caso di mancato accordo, le parti possono recedere dal contratto. In tale caso, il concessionario ha diritto al rimborso del valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l’opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, dei costi effettivamente sostenuti dal concessionario, nonché delle penali e degli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza dello scioglimento del contratto”.
Perchè questa norma ?
I documenti parlamentari relativi alla conversione del DL spiegano che “… la disposizione è stata caldeggiata da diversi enti territoriali sulla scorta delle seguenti ragioni:
- dal giorno della chiusura degli impianti sportivi, la maggior parte degli introiti derivanti dall’attività sportiva a favore di terzi è venuta meno, mentre i gestori dovranno comunque fronteggiare rilevanti spese fisse quali utenze, canoni di concessione, tasse e, in alcuni casi, anche compensi per i vari collaboratori sportivi;
- considerato che la stagione sportiva 2019/2020 deve considerarsi oramai compromessa, per i gestori si pone la necessità di rimodulare la programmazione per la nuova stagione sportiva;
- gli operatori dei centri sportivi dovranno presumibilmente anche affrontare maggiori spese di riqualificazione degli impianti sportivi per garantire le condizioni minime di sicurezza tra gli utenti, ivi inclusa una possibile riduzione del numero delle presenze all’interno degli impianti sportivi”.
I rapporti di concessione e la loro scadenza al 31.7.2023
La norma di applica ai rapporti di concessione – comunque denominati – di impianti sportivi pubblici in scadenza entro il 31 luglio 2023.
In relazione alla data di scadenza dei rapporti concessori (31.7.2023), sempre i documenti parlamentari precisano che “costituisce … interesse economico generale quello di agevolare il riequilibrio economico-finanziario dei bilanci dei soggetti concessionari le cui convenzioni scadranno entro il 31 luglio 2023 (entro cioè tre anni dalla data di cessazione dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020)”.
Le concessioni che scadono dopo il 31.7.2023 possono essere oggetto di revisione ?
Ancora i documenti parlamentari ci dicono che “per i rapporti concessori più lunghi (cioè quelli che scadono dopo il 31.7.2023, ndr) il Governo ritiene che le diseconomie determinate dalla emergenza COVID-19 potranno essere nel tempo “assorbite” attraverso piani di recupero e di miglioramento dell’efficienza adottati autonomamente dal gestore”. Il che sposta sul gestore il problema del “recupero” e potrebbe far ritenere non perseguibile il ricorso alla revisione.
Tuttavia, ad una prima valutazione, si può ritenere – in linea di principio – che la limitazione temporale prevista dalla norma in commento non escluda di per sé che la revisione della concessione possa essere richiesta anche per le concessioni con scadenza successiva al 31.7.2023, laddove:
- sia dimostrata l’alterazione dell’equilibrio economico finanziario in dipendenza della pandemia Covid-19 e
- la revisione sia consentita e/o non esclusa dai singoli contratti di concessione.
Ovviamente, questo aspetto dovrà essere valutato caso per caso e la richiesta di revisione si dovrà poggiare su presupposti normativi e contrattuali diversi rispetto alla disposizione in esame.
La richiesta di revisione
Per ottenere la revisione, è necessario che il concessionario “ne faccia richiesta”.
Non vi è quindi una applicazione automatica della revisione.
E’ opportuno che già in sede di “richiesta” il concessionario esponga, tra l’altro, una puntuale ricostruzione degli impatti della pandemia Covid-19 sull’equilibrio economico-finanziario del singolo rapporto di concessione nonché la proposta di riequilibrio.
Le nuove condizioni di equilibrio
La revisione ha da oggetto la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite.
Tra gli strumenti per assicurare il riequilibrio, è espressamente consentita la proroga della durata del rapporto. Probabilmente sarà lo strumento primariamente utilizzato, poichè, in un periodo di attenzione ai nuovi esborsi, non determina un aggravamento diretto sulla Amministrazione Concedente e sugli utenti.
Non sono esclusi tuttavia gli altri strumenti di riequilibrio, quali la contribuzione pubblica e/o l’incremento delle tariffe, la cui applicabilità dovrà in ogni caso essere valutata caso per caso.
Le finalità
Le finalità della revisione sono:
– favorire il graduale recupero dei proventi non incassati
– favorire l’ammortamento degli investimenti effettuati o programmati
– assicurare le condizioni di equilibrio economico finanziario.
In ogni caso, la revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo al concessionario, quali tipicamente, in funzione delle diverse realtà concessorie, il rischio di costruzione (per gli interventi ancora da realizzare), il rischio di disponibilità (capacità di erogare le prestazioni pattuite secondo volumi e standard pattuiti), il rischio di domanda per i servizi sportivi resi.
Il mancato accordo sulla revisione
In caso di mancato accordo sulla revisione, è prevista la facoltà – per entrambe le parti (concedente-concessionario) – di recedere dal contratto.
In tal caso, il concessionario ha diritto al rimborso:
– del valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l’opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, dei costi effettivamente sostenuti dal concessionario,
– delle penali e degli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza dello scioglimento del contratto.
La norma riprende sul punto le previsioni in materia di concessioni di cui articolo 165, c. 6, e 176, c. 4, lett. a) e b) del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), nel caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario a seguito di fatti non riconducibili al concessionario.
La procedura di revisione
Come visto sopra, la procedura di revisione si “attiva” con una apposita richiesta del concessionario.
Al di là di questo momento iniziale, la norma non regolamenta una specifica procedura per il riequilibrio né un termine per l’accordo.
Essa potrà essere ricavata dal singolo contratto (ove prevista) ovvero, in mancanza, si tratta in un aspetto “da gestire” nei singoli casi.
La conversione del DL
Prudenzialmente occorrerà attendere la conversione del DL e verificare se in tale sede la norma sarà integralmente confermata ovvero saranno introdotte modifiche.
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